Alessitimia: non aver parole per le emozioni
Alessitimia: non aver parole per le emozioni

Cosa è l’Alessitimia?

Il termine “alessitimia” deriva dal greco (a- lexis –thymos), che letteralmente si traduce in “man-canza di parole per le emozioni”, e indica una marcata difficoltà nel riconoscere, esplorare ed esprimere le proprie emozioni. Fu lo psichiatra Peter Sifnoes a studiare per primo in maniera sistematica questa caratteristica psicologica e coniare nel 1973 il termine di “alessitimia” per indicare “un disturbo specifico nelle funzioni affettive e simboliche”, spesso presente nei pazienti psicosomatici.

Taylor, Bagby e Parker (2000) hanno considerato l’alessitimia un disturbo dell’elaborazione degli affetti che interferisce con i processi di auto-regolazione e riorganizzazione delle emozioni. Questo potrebbe spiegare la tendenza dei soggetti alessitimici ad assumere alcuni comportamenti compulsivi quali: l’abbuffarsi di cibo, l’abuso di sostanze o il vivere in modo perverso la sessualità per liberarsi dalle tensioni causate da stati emotivi non elaborati.

Si tratta quindi di un “disturbo della regolazione degli affetti”.

I soggetti alessitimici tendono anche a stabilire relazioni di forte dipendenza o, in mancanza di essa, preferiscono l’isolamento.

L’alessitimia ha dunque le seguenti caratteristiche:

  • difficoltà di identificare ed interpretare i sentimenti e le emozioni, propri ed altrui, e di distinguerli dalle sensazioni somatiche
  • difficoltà nel descrivere e comunicare emozioni e sentimenti alle altre persone. Le persone alessitimiche, infatti, hanno difficoltà a comunicare verbalmente agli altri il proprio disagio emotivo e non riescono ad usare le altre persone come fonti di conforto e sostegno, non potendo quindi utilizzare i rapporti interpersonali nella regolazione affettiva. E’ soprattutto questa impossibilità di condivisione sociale che impedisce di identificare le emozioni.
  • capacità immaginativa e onirica ridotta o inesistente. La scarsità della vita immaginativa limita la possibilità delle persone alessitimiche di modulare i vissuti e le proprie emozioni, attraverso i ricordi, le fantasie, i sogni ad occhi aperti, il gioco, ecc.
  • stile cognitivo orientato esternamente, cioè la focalizzazione dell’attenzione sull’esterno piuttosto che sulla vita interiore. Ciò può portare a amplificare e fraintendere le sensazioni somatiche, scatenando ansia e preoccupazioni ipocondriache.

Cause dell’alessitimia

Da quanto finora detto, emerge che l’alessitimia delinea un fenomeno molto articolato, risultato della compresenza di fattori genetici, neurofisiologici, intrapsichici, nonché di modelli di comunicazione  familiare e fattori socioculturali (la prevalenza è maggiore nei maschi e nei ceti svantaggiati).

Le prime esperienze relazionali e di attaccamento hanno un’influenza estremamente significativa nell’insorgenza di questo disturbo.

Quest’ultimo aspetto merita, dunque, un maggiore approfondimento perché riguarda gli aspetti psicologici alla base di questo disturbo e il conseguente comportamento delle persone alessitimiche.

La maggior parte delle teorie di orientamento psicoanalitico sostengono che la regolazione, il contenimento di esperienze primitive, avvengano nei primissimi anni di vita del bambino all’interno del rapporto con l’accudente primario (Bion 1962, Winnicott, 1965, Kohut, 1976; Bowlby, 1989; Main, & al. 1985).

La ricerca nel campo dello sviluppo infantile (Infant Reserch) si è concentrata sulla specificità della regolazione reciproca madre-bambino e sulla sintonizzazione dei loro vissuti emotivi, evidenziando come non solo il caregiver regola gli stati emotivi primitivi del bambino, ma viceversa i segnali affettivi provenienti dal bambino regolano l’affettività e il comportamento della madre (Stern, 1984,1985; Emde e al. 1991).

Secondo Bion, la madre ha un ruolo di contenitore, cioè ha la funzione di assorbire, contenere, elaborare e interpretare gli stati affettivi del suo bambino, soprattutto quelli disturbanti (Taylor & al., 2000); nel caso in cui la madre non riesca a svolgere questa funzione, il bambino (e poi l’adulto) non riesce a costruire il suo contenitore interno, e non riesce a trasformare le emozioni in rappresentazioni mentali e oggetti di pensiero. Le emozioni dunque rimangono a livello di percezioni, sensazioni, impulsi all’azione.

Questo significa che la mancata sintonizzazione tra il bambino ed i genitori durante l’infanzia può essere causa dell’alessitimia.

Molto spesso le madri di persone alessitimiche soffrono di depressione o disturbi di personalità.

Quando il bambino cresce in un ambiente problematico (famiglia molto autoritaria, famiglia disgregata, violenta, lutti non elaborati ecc.) in cui manca un’adeguata relazione affettiva che gli permetta di sviluppare le proprie abilità cognitive e la capacità di modulare il proprio stato emotivo, può essere fortemente a rischio di diventare alessitimico.

Oltre che come tratto di personalità relativamente stabile, l’alessitimia può emergere come fenomeno secondario, ovvero come stato reattivo in conseguenza di gravi traumi o di malattie fortemente invalidanti o in cui c’è pericolo di vita.

Infatti, tratti alessitimici sono stati riscontrati nei veterani di guerra o in soggetti che hanno subito maltrattamenti o abusi di natura sessuale, cardiopatici o malati di tumore.

Come curare l’alessitimia: imparare a riconoscere ed esprimere le emozioni

La persona alessitimica, poiché si trova ad affrontare le difficoltà finora descritte ha bisogno di seguire un percorso di psicoterapia con l’obiettivo di imparare a prendere contatto con le proprie emozioni e ad esprimerle.

In alcuni casi è proprio necessario creare “un alfabeto” emotivo in modo che si possa imparare a leggere il proprio stato d’animo e quello dell’altro.

Considerando che la sintonizzazione emotiva è alla base di qualsiasi relazione di coppia, spesso accade che le relazioni di coppia con uno o entrambi i partner alessitimici siano problematiche o fortemente a rischio. Possono infatti crearsi situazioni di alta conflittualità, o addirittura di violenza, di dipendenza affettiva, oppure relazioni condizionate dai sintomi di altri disturbi connessi all’alessitimia, come ad esempio la  dipendenza da sostanze o i disturbi alimentari, l’ipocondria ecc..

In questi casi, una psicoterapia servirà ad elaborare la funzione del sintomo stesso come strumento relazionale. Il tipo di psicoterapia andrà valutato a seconda della situazione specifica e potranno essere avviati dei percorsi di psicoterapia individuale, psicoterapia di coppia o di terapia familiare.  

Dott.ssa Carmen Capria

Psicologa Psicoterapeuta

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