Dott.ssa Carmen Capria | Psicologa e Psicoterapeuta a Roma

Approccio sistemico relazionale | il mio metodo

 

La terapia Sistemico-Relazionale si diffuse negli Stati Uniti durante gli anni ’50, in particolare grazie alle teorie della prima e seconda cibernetica e la teoria dei sistemi elaborata da L Von Bertanlaffy. La “Scuola di Palo Alto” e il Mental Research Institute, con i loro maggiori esponenti (Gregory Bateson, Don D. Jackson, Jay Haley, Paul Watzlawick), furono i principali centri di sviluppo della terapia sistemica familiare. In Europa e in Italia la psicoterapia ad indirizzo sistemico-relazionale si è molto diffusa durante gli anni ’80, grazie al   lavoro di Mara Selvini Palazzoli, Boscolo, Cecchin e Giuliana Prata.

Secondo l’approccio sistemico-relazionale i sintomi e il disagio del singolo individuo sono il risultato di un intersecarsi complesso tra esperienza soggettiva, qualità delle relazioni interpersonali più significative e capacità cognitive di autovalutazione della propria situazione. I concetti di base derivano dalla teoria dei sistemi e dalla cibernetica: ad esempio, tra i molti altri, quello di “sistema” e quello di “causalità circolare”.

Nell’ottica della definizione del “ciclo vitale della famiglia”, termine coniato attorno agli anni quaranta, si presuppone nell’evoluzione del sistema familiare l’incontro con alcuni “eventi nodali” che, attraverso la disorganizzazione-riorganizzazione del sistema stesso, implicano i
l superamento di alcuni compiti di sviluppo, permettendo così il passaggio ad una fase successiva.

La terapia sistemico-relazionale si concentra su quanto avviene nell’ambito delle relazioni umane.
L’oggetto di studio privilegiato, non sono le caratteristiche delle singole persone, ma quanto avviene tra le persone: l’attenzione viene perciò portata, oltre che sull’individuo, alle sue interazioni, alle dinamiche tra individui e sul processo della comunicazione.

Gli eventi vengono suddivisi in paranormativi e normativi.

I primi riguardano tutto ciò che nel ciclo vitale, dalla nascita alla morte, può capitare ad una famiglia ma non può essere previsto (morte di un figlio, incidente, etc.); i secondi rappresentano tutti quegli eventi che invece possono essere previsti.  I sintomi di una persona, oltre ad esprimere in maniera metaforica il conflitto psichico soggettivo, acquisiscono una funzione precisa all’interno del sistema relazionale in cui emergono.

La famiglia, intesa come il sistema vivente di riferimento principale nell’esperienza emotiva di una persona, è il primo contesto esperienziale all’interno del quale i sintomi assumono una funzione precisa per il funzionamento relazionale del gruppo di persone che ne fanno parte.

Il malessere presentato dalla persona viene letto non tanto come problema dell’individuo, ma come espressione di disagio di uno dei sistemi di appartenenza.
Viene solitamente privilegiata l’ottica familiare, ma le dinamiche disfunzionali possono collocarsi anche nel sistema coppia, nell’ambiente lavorativo, nel gruppo amicale, etc.

I conflitti che tendono a disgregare il sistema-famiglia creano una tensione emotiva che di solito viene vissuta in termini drammatici dal soggetto portatore del sintomo; egli si fa carico, attraverso la manifestazione dei sintomi, di distogliere i membri della famiglia dall’affrontare in modo manifesto le proprie difficoltà di relazione, accentrando l’attenzione su di sé.

Il sintomo ha quindi una doppia valenza: segnala alla famiglia l’esistenza di un disagio e, nello stesso tempo, rende innocuo il suo potere distruttivo, accentrando su di sé tutte le preoccupazioni degli altri membri.

La terapia familiare interviene attraverso varie tecniche di lavoro sulle famiglie, operando su 4 livelli principali di osservazione:

la storia trigenerazionale della famiglia (nonni-genitori-figli);

l’organizzazione relazionale e comunicativa attuale della famiglia;

la funzione del sintomo del singolo individuo nell’equilibrio della famiglia;

la fase del ciclo vitale della famiglia in cui si presenta il sintomo del singolo (ciclo vitale: rappresenta una tappa delle varie fasi evolutive attraversate da un sistema-famiglia; si parla, ad esempio dell’uscita da casa dei figli a seguito del matrimonio, del decesso di un genitore o della nascita di un figlio, etc.; questi eventi costringono il sistema a riorganizzarsi, e quindi ad evolvere verso nuovi assetti relazionali).

Nozione cardine è quella di sistema, nel quale ogni variazione nello stato di un elemento finisce con il modificare lo stato di ognuno degli altri.
Il sistema famiglia ha un grande potenziale che è quello di essere in grado di aiutare il paziente a gestire e risolvere il suo malessere, rendendo la sua vita più funzionale. Specialmente in casi che riguardano i bambini o gli adolescenti (ambiti in cui la terapia familiare risulta un approccio particolarmente valido), si possono manifestare blocchi evolutivi che possono ridursi sino a scomparire completamente lavorando con le famiglie.

L’intervento terapeutico si basa sull’osservazione delle modalità di relazione tra il paziente e la sua famiglia e mira a modificare, attraverso un processo di co – costruzione tra terapeuta ed individuo/famiglia, i modelli disfunzionali presenti nel contesto entro il quale il disagio del paziente è emerso, stimolando le risorse familiari e rafforzando sia il funzionamento individuale sia quello familiare.

Il lavoro psicoterapeutico non è dunque prettamente rivolto al trattamento del sintomo presentato ma alle situazioni relazionali che lo hanno generato.

Nella Terapia individuale sistemica gli incontri prevedono una convocazione individuale. Tuttavia l’individuo, pur essendo solo nella stanza di terapia, porta comunque con sé tutte le relazioni significative che animano la propria vita nel presente, nel passato e nell’ipotetico futuro. L’attenzione del terapeuta sarà pertanto in ogni modo rivolta alla dimensione relazionale ed interattiva del cliente, non tralasciando comunque pensieri, emozioni, storie e vissuti legati alla dimensione individuale. In alcuni casi tale tipo d’approccio si configura come naturale  prosecuzione di un percorso familiare o di coppia, volta ad affrontare “nodi privati” che il paziente preferisce affrontare individualmente. Per la terapia sistemico relazionale la patologia del singolo è espressione di un disagio dell’intero sistema familiare: il soggetto portatore del disturbo è il “paziente designato”, il membro del sistema-famiglia che esprime, segnala e si fa carico del cattivo funzionamento del sistema, accentrando su di sé tutte le preoccupazioni. Dal momento che la patologia è funzionale ai giochi del sistema, questo si opporrà, in modo mascherato, alla rimozione di tale disturbo patologico.

Aggiungi Commento

Your email address will not be published. Required fields are marked *

My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. Cliccando su accetta si autorizzano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su rifiuta o la X si rifiutano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su personalizza è possibile selezionare quali cookie di profilazione attivare.