Shopping compulsivo: l’impulso incontrollabile ad acquistare
Lo shopping compulsivo è un disturbo associato ai disturbi del controllo degli impulsi ed indica il desiderio compulsivo di fare acquisti.
Lo psichiatra tedesco Kraepelin identificò il disturbo per la prima volta e lo chiamò oniomania (dal greco onios = “in vendita,” mania = follia).
Questo disturbo è caratterizzato da un impulso irrefrenabile ad acquistare anche se gli acquisti sono ritenuti inutili o eccessivi ma non si riesce ad evitarli o tenerli sotto controllo. Diversamente dalla “normale” mania di comprare, tipica dell’atteggiamento consumistico proprio della nostra società moderna, nello shopping compulsivo, il comportamento è mantenuto nonostante gravi conseguenze personali e innumerevoli tentativi fallimentari di controllarlo e porvi fine.
Secondo L. Koran, lo shopping compulsivo si configura come un disturbo del comportamento quando si verificano queste condizioni:
- quando il denaro investito per lo shopping è eccessivo rispetto alle proprie possibilità economiche;
- quando gli acquisti si ripetono più volte in una settimana;
- quando gli acquisti perdono la loro ragione d’essere: non importa che cosa si compri, ciò che conta è comprare, soddisfare un bisogno inderogabile e imprescindibile che spinge a entrare in un negozio e uscirne carichi di pacchi;
- quando lo shopping risponde a un bisogno che non può essere soddisfatto, per cui il mancato acquisto crea pesanti crisi di ansia e frustrazione;
- quando la dedizione agli acquisti compare come qualcosa di nuovo rispetto alle abitudini precedenti.
Un episodio di shopping compulsivo pare organizzarsi intorno a determinati stati emozionali piuttosto che sulla base di reali bisogni o desideri: stati negativi come ansia e tensione costituiscono gli antecedenti dell’episodio, mentre stati emozionali positivi di euforia o sollievo ne costituiscono l’immediata condizione gratificante, seguita però da emozioni spiacevoli quali la frustrazione, la vergogna e il senso di colpa.
Si possono distinguere quattro fasi durante un singolo episodio:
- nella prima fase la persona inizia ad avere pensieri, preoccupazioni e senso di urgenza verso l’atto di acquistare, sia in generale, sia riguardo un oggetto in particolare. Questa fase, inoltre, sembra solitamente preceduta da emozioni sgradevoli quali tristezza, ansia, noia o rabbia.
- la seconda fase è quella in cui ci si prepara all’acquisto pianificando alcuni aspetti come i negozi da visitare, il genere di articoli da ricercare o addirittura il metodo di pagamento che si intende utilizzare.
- la terza fase è quella dello shopping compulsivo vero e proprio, in cui la persona, spesso in preda ad eccitazione ed euforia valuta l’oggetto da acquistare come attraente e irrinunciabile.
- la quarta ed ultima fase è quella successiva all’acquisto compulsivo, dopo il quale le precedenti sensazioni di eccitazione ed euforia si tramutano rapidamente in frustrazione, senso di colpa, vergogna e delusione verso se stessi.
Dal punto di vista psicologico si possono mettere in evidenza degli elementi chiave caratteristici del disturbo da shopping compulsivo.
Innanzitutto la compulsione, e quindi l’elemento ripetitivo relativo al pensiero o all’azione, ha un effetto contenitivo dell’ansia, e quindi una volta effettuato l’acquisto si placa il bisogno/ossessione urgente e irrefrenabile. L’individuo colpito può non vedere inizialmente il comportamento come un problema ma, principalmente, come un sollievo immediato da ansia e stress emotivo e come fonte di gratificazione personale. Proprio questa apparente ricompensa iniziale rinforza il comportamento, determinando, poi, processi compulsivi e ripetitivi.
In secondo luogo la felicità, il senso di potere e di sollievo che lo shopper sente dopo gli acquisti, va a colmare un vuoto di relazioni, sentimenti e autostima che il soggetto sta vivendo in quel particolare periodo della propria vita o che soffre da anni e quindi il disturbo può essere funzionale ad uno stato depressivo sottostante di cui la persona spesso non è consapevole.
La dipendenza da shopping è inoltre paragonabile alla dipendenza da sostanze. Si assiste, infatti, in entrambi i casi, all’incapacità di controllare l’impulso a mettere in atto il comportamento dannoso, al bisogno di aumentare progressivamente le dosi, quindi la quantità di oggetti da comprare, il denaro speso e il tempo da dedicare agli acquisti e alla crisi di astinenza a cui va incontro lo shopper compulsivo quando per qualsiasi motivo si trova impossibilitato all’acquisto.
La spinta incontrollabile all’acquisto, tipica dei compratori compulsivi, è stata definita “buying impulse”, e viene descritta come una pervasiva tendenza distruttiva, creata da un bisogno urgente che preme per essere soddisfatto. Tale caratteristica rende questa patologia simile per alcuni versi ad altre forme di scarso controllo degli impulsi, come il gioco d’azzardo patologico e la cleptomania.
Le persone più a rischio di sviluppare questa condizione sono soprattutto donne (nel 95% dei casi) in un’età compresa generalmente tra i 20 e i 30 anni, l’età cioè in cui si tende a conquistare una certa indipendenza economica. Al primo posto tra gli oggetti della “febbre da acquisto”, per quanto riguarda le donne, ci sono i capi d’abbigliamento, seguiti da cosmetici, scarpe e gioielli: tutti elementi riconducibili all’immagine. L’uomo, invece, predilige simboli di potere e prestigio come telefonini, computer portatili e attrezzi sportivi.
Lo shopping compulsivo determina, chiaramente, gravi ripercussioni sulla vita sociale, lavorativa, familiare e coniugale, oltre alle inevitabili perdite finanziarie e all’importante portata di stress psicologico, di ansia, di depressione e di perdita di ogni controllo sulla propria volontà. Inoltre, si riscontrano molto spesso sentimenti di colpa e vergogna in seguito all’acquisto di oggetti che, il più delle volte, vengono nascosti al resto della famiglia oppure messi da parte, regalati o buttati via.
Cosa fare allora? Il primo passo verso il superamento del problema è riconoscere di avere un problema, il secondo è cercare l’aiuto di un valido psicoterapeuta.
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